Arriva METI: un nuovo protocollo per comunicare con gli alieni

Come far capire agli extraterrestri, se esistono, che da qualche parte, su un puntino colorato dell'universo ci siamo anche noi? A porsi il problema, di recente, è stato un gruppo di tre astrofisici, provenienti dagli Stati Uniti e dalla Francia, che sta tentando di mettere a punto un protocollo di comunicazione 'leggibile' da eventuali forme di vita presenti nel cosmo

Si chiama METI (messaging to extraterrestrial intelligence) e la sua particolarità risiede nel fatto che ogni comunicato inviato nello spazio viene in qualche modo 'tradotto' in una forma recepibile e comprensibile.

Tale protocollo considera diversi elementi significativi, tra cui la codifica del segnale, la lunghezza del messaggio e il suo contenuto. Per questo gli studiosi hanno ipotizzato l'utilizzo di due lunghezze d'onda specifiche per la trasmissione: 1,42 GHz o 4,46 GHz, comunemente osservabili in natura e relativamente facili da acquisire, nel caso in cui gli alieni non siano quelle 'forme di vita intelligente', di cui spesso si ipotizza l'esistenza.

Ma come in tutti gli altri casi in cui si è tentato di mettersi in contatto con gli alieni, la critica più comune riguarda il fatto che i nostri messaggi sono stati e forse continuano ad essere troppo antropocentrici. Come leggere le immagini se non si conoscono i referenti?

"Dato che sappiamo molto poco sulla natura della civiltà extraterrestri, se esistono, possiamo aumentare le probabilità di successo di comunicazione se usiamo un messaggio che il destinatario è in grado di capire", hanno spiegato gli autori del progetto.

L'idea è vincente, ma la cosa difficile sarà realizzarla. Cosa dire? E come? Cosa mostrare per lasciar capire a chi abita altri mondi chi è l'uomo e come vive?

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