NELL'AMULETO DI DAPHNE, IL SEGRETO DELLA CONNESSIONE DELLE PIRAMIDI CON ORIONE

Nel 2008 il Daphne Museum acquista all’asta un piccolo insignificante oggettino, un amuleto egizio risalente a circa il 2000 a.C. Uno scarabeo con incisi, sul retro, tre piccoli punti senza nessun senso. Molto dopo, quei punti che non hanno nulla a che vedere con i geroglifici né con il copto, né con altri segni egizi, furono palesemente collegati con quella che sembrava essere una mera coincidenza: le tre piramidi e le tre stelle di Orione.
Quando per la prima volta si ipotizzò che le piramidi egizie nella piana di Giza fossero l’esatta copia delle tre stelle della cintura di Orione, il mondo accademico fece spallucce a questa ipotesi. Intanto perché non esistevano collegamenti che rendessero ipotizzabile una tale scoperta archeologica, intanto perché qualcuno aveva semplicemente allineato una foto del satellite con tre stelle del cosmo.
Un indizio sulla superficie della terra, in una piana desertica vista dall’occhio di una macchina volante: tre piramidi allineate perfettamente in diagonale, e un altro indizio proveniente dall’altro capo della terra, verso il cosmo, all’orizzonte della costellazione di Orione, lì giacevano tre stelle – stesso allineamento, stessa assurda casualità, stessa disposizione geometrica - stelle di cui forse oggi ammiriamo solo la loro intensità luminosa, nate milioni di anni fa e oggi, forse, morte da secoli.

La disposizione dei simboli circolari di questo monile egizio corrispondono perfettamente con quella delle piramidi di Giza. Tutto in Egitto come nel cosmo, anche se morto sotto coltre di secoli sabbiosi e celati nell’oscuro silenzio, sembra essere dannatamente eterno. Sia il cielo, sia le stelle, sia le piramidi il cui profilo la notte sfiorano il manto tempestato di diamanti notturni, tutto in quel mistero egizio sembra godere di una Eternità senza fine.

QUELLO STRANO ALLINEAMENTO

Affondare in un silenzio cosmico che verrà restituito all’eternità e alla storia. Solo dopo anni, quando alcuni archeologi ebbero un’idea brillante, il mondo accademico rivolse il proprio interesse a quello strano allineamento tra stelle e piramidi egizie.
Fin dal principio, infatti, tutti gli egittologi erano convinti che quei canali che dalla stanza del faraone, nella piramide di Cheope, viaggiavano fino al cielo erano solo e soltanto delle banali prese d’aria. Poi un archeologo collegò la disposizione delle costellazioni al momento storico in cui vennero costruite le piramidi egizie.
La scoperta fu sensazionale: quei corridoi d’aria puntavano perfettamente alla costellazione di Orione.

Ma dopo anni da quella scoperta, dopo innumerevoli conferenze e libri, dopo pubblicazioni scientifiche e degne lezioni magistrali con applausi e accademici simposi sul tema, non era stato ancora trovato qualche reperto che collegasse intenzionalmente l’intenzione del faraone a disporre le piramidi esattamente come le stelle della cintura di Orione.

L’AMULETO DEL DAPHNE MUSEUM

Nel 2008 il Daphne Museum acquista all’asta un piccolo insignificante oggettino, un amuleto egizio risalente a circa il 2000 a.C. Uno scarabeo con incisi, sul retro, tre piccoli punti senza nessun senso. Molto dopo, quei punti che non hanno nulla a che vedere con i geroglifici né con il copto, né con altri segni egizi, furono palesemente collegati con quella che sembrava essere una mera coincidenza: le tre piramidi e le tre stelle di Orione.
Questo terzo indizio fu restituito all’archeologia da un piano sotterraneo dello spazio, dalle oscure profondità di una tomba, incastrato tra le maglie di strette fasciature di una mummia.


La disposizione dei simboli circolari di questo monile egizio corrispondono perfettamente con quella delle piramidi di Giza

 
TRE INDIZI CI LEGANO A COSTELLAZIONI LONTANE


Tre indizi, uno proveniente dal cielo, uno sulla superficie del deserto, uno nelle profondità di una tomba. entrambi riportano la stessa immagine, entrambi raccontano di tre puntini, tre stelle, tre piramidi allineate secondo un ordine cosmico, un ordine umano, un ordine sacro.
Tre livelli che si fondono assieme per confermare un sospetto che gli archeologi egizi nutrivano da sempre: che il nostro mondo lo abbiamo creato guardando le stelle e che la nostra vita è condizionata dalle costellazioni, misteriose e lontane, irraggiungibili ed eterne, più che da quello che ci cade ogni giorno sotto i nostri occhi. Perché, in fondo, il fascino del cosmo come meta irraggiungibile e orizzonte eterno ha sempre rapito l’animo umano dagli albori del tempo.

Articolo di Luigi De Vaia

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