Misurato il più piccolo intervallo di tempo mai visto prima

È stata superata la convinzione che, nel processo di fotoemissione, un elettrone eccitato con un laser ad alta energia abbandona immediatamente l’atomo che lo ospitava, cioè che l’eccitazione e l’emissione sono due fenomeni contemporanei: tra i due eventi intercorre invece un certo lasso di tempo, che è stato misurato brillantemente da un gruppo di fisici del Max Planck Institute of Quantum Optics (Germania), in collaborazione con centri di ricerca dell’Austria, dell’Arabia Saudita e della Grecia.


La fotoemissione è un processo fisico per il quale, bombardando atomi o molecole con una radiazione elettromagnetica ad alta frequenza – come ad esempio un laser a ultravioletto - avviene l’espulsione di elettroni. Il fenomeno ha molteplici applicazioni in fisica, tra le quali la spettroscopia fotoelettronica a raggi ultravioletti, con la quale si possono sondare le superfici dei materiali, e la spettroscopia elettronica a raggi x, utile a riconoscere gli elementi chimici che compongono la stessa superficie.

Uno dei dogmi della fisica è stato sempre l’istantaneità del processo di fotoemissione, ovvero l’assenza di tempo fra l’eccitazione e l’emissione. Oggi i ricercatori lo smentiscono, dimostrando che tra i due eventi intercorre un certo intervallo di tempo, piccolissimo, ma non nullo. Tale intervallo è stato perfettamente misurato ed è risultato pari a 20 attosecondi. Un attosecondo è un numero piccolissimo, pari a 1 secondo con 18 zeri davanti, cioè un bilionesimo di un bilionesimo di secondo. Così in un batter di ciglia ci perdiamo innumerevoli pacchetti di 20 attosecondi.

Questo tempo così corto è stato misurato con successo bombardando atomi di neon con un laser pulsante a infrarossi e pulsazioni ultraviolette della durata di appena 180 attosecondi. Il primo fascio laser è servito da cronografo di attosecondi, cioè da strumento di rilevazione dell’impatto del fascio UV sugli atomi e successivamente del rilascio dell’elettrone.

Grazie a questa tecnica i ricercatori hanno dimostrato non solo che tra i due eventi intercorrono 20 attosecondi, ma anche che non tutti gli elettroni hanno gli stessi tempi. In particolare hanno visto come i tempi di espulsione dipendano dall’orbitale in cui si trova l’elettrone, ovvero dalla zona fisica in cui la particella orbita, che può essere più o meno vicina al nucleo contenente protoni e neutroni.

Era già noto dalle teorie della fisica atomica che gli elettroni si distribuiscono intorno al nucleo con pacchetti di energia diversi, cosicché quelli con energia maggiore tendono a stare più lontani dal nucleo, dove i protoni, carichi positivamente, esercitano su di essi una forza elettrostatica di attrazione. Questa scoperta può dunque essere interpretata come una dimostrazione sperimentale che gli elettroni si dispongono in zone fisiche a diversa distanza dal nucleo, anche se ulteriori esperimenti devono essere compiuti prima di poterlo affermare con certezza.

Lo studio guidato dall’istituto tedesco potrebbe avere un deciso impatto sulla fisica. Tuttavia, in attesa di comprenderne al meglio i meccanismi, i ricercatori possono già vantare di aver misurato il più piccolo intervallo di tempo mai visto prima.

tratto da: http://www.nextme.it/

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