Il pranzo spaziale su Marte

Pensiamo a un pranzo spaziale e pensiamo a quelle palline di cibo o scie di acqua che 'galleggiano' nell'astronave. È capitato a tutti di chiedersi come fanno gli astronauti a mangiare durante le loro missioni spaziali. E riguardo ai piatti nulla di nuovo, perchè sono comuni a quelli che fanno capolino sulle nostre tavole. La novità, invece, è come vengono ‘serviti’: in modo del tutto inusuale.

Partiamo dai "No!". Briciole e cibi con un contenuto acquoso sono letteralmente messi al bando: le prime provocherebbero danni all’interno della navicella; i secondi emanerebbero cattivo odore nel giro di pochi giorni e si sa che, nello spazio, non è possibile uscire per disfarsi dei rifiuti.

La questione sta diventando un vero e proprio studio, al fine di garantire agli astronauti il trasporto di cibi ed il loro ingerimento evitando la perdita di quelle che sono le caratteristiche essenziali per il buon nutrimento dell’uomo. Michele Perchonok, dell’Institute of Food Technology, spiega come gli alimenti perdono il loro apporto nutritivo dopo un anno. La vitamina A e l’acido folico scompaiono gradualmente, mentre la vitamina C è praticamente assente dopo alcuni mesi.

Ed ora che l’uomo si appresta a sbarcare su Marte, la soluzione si fa più urgente. “Occorrono dai 6 agli 8 mesi per giungere su Marte ed altrettanti per tornare. L’equipaggio deve affrontare così almeno 18 mesi prima del rientro a casa”, chiarisce la Perchonok.

I cibi in scatola hanno una buona durata, ma non possono essere riscaldati nel microonde e, inoltre, sono considerevolmente troppo pesanti per un equipaggio di almeno 6 membri. Ecco il motivo per cui si rende essenziale il trasporto degli alimenti in appositi sacchetti sterilizzati che mantengono il calore, altrimenti detti MREs.

Una sorta di 'pranzo al sacco', già sperimentato con le truppe militari inviate in guerra, che dietro nasconde una tecnica studiata a tavolino da C. Patrick Dunne dell’Army Natick, Mass.-based Soldier R&D Center. Gli MREs, infatti, hanno una durata di tre anni se conservati ad una temperatura di 26°C e faranno sentire meno agli astronauti la mancanza di un vero e proprio pasto, poiché sarà più facile mantenere intatto, almeno in parte, il sapore degli alimenti.

tratto da: www.nextme.it

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