Batteri comuni sopravvivono 553 giorni nello spazio

Alcuni batteri prelevati dalle colline di Beer nella costa sud della Gran Bretagna hanno dimostrato di riuscire a resistere per 553 giorni all'esposizione diretta allo spazio.


I batteri sono stati esposti all'esterno della Stazione Spaziale Internazionale, nel modulo dell' ESA Technology Exposure Facility del laboratorio Columbus. Per un anno e mezzo, sono rimasti esposti alle radiazioni cosmiche ed all'ambiente estremo dello spazio. Alcuni di essi sono morti, ma altri sono riusciti a sopravvivere secondo dinamiche non ancora chiare, ma che la Open University, dove sono ora custoditi i campioni, vuole scoprire.

L'esperimento fa parte di un progetto per verificare quanto possano essere utili alcuni microrganismi nell'esplorazione dello spazio. "E' stato proposto che i batteri possano essere usati nei sistemi di supporto vitale per riciclare ogni cosa" spiega Karen Olsson-Francis, della Open University. "C'è anche l'idea che se riuscissimo a creare basi sulla Luna o Marte, potremmo usare i batteri per il 'bio-mining', utilizzarli per estrarre minerali dalla roccia".

La ricerca supporta inoltre la teoria secondo la quale alcuni microrganismi possano aver viaggiato a bordo di rocce cosmiche, da un pianeta all'altro o addirittura attraverso diversi sistemi solari.

Già era noto che le spore batteriche potessero resistere diversi anni nello spazio. Lo stesso possono fare anche licheni e tardigradi, anche se per un periodo più limitato.

Ma questo è il primo esempio di cianobatteri in grado di sopravvivere in un ambiente così estremo. I microrganismi sono stati classificati con la sigla OU-20, e somigliano ad alcuni cianobatteri noti come Gloeocapsa.

"I Gloeocapsa formano una colonia di cellule esterne che probabilmente proteggono le cellule interne dall'esposizione a radiazione ultravioletta, e forniscono una resistenza all'essiccamento" afferma Charles Cockell, che lavora con Olsson-Francis nel Planetary and Space Sciences Research Institute della Open University.

Quando si posizionò la roccia proveniente dalla Gran Bretagna a bordo del laboratorio orbitale, si sapeva soltanto che il campione conteneva diverse colonie di batteri differenti tra di loro. Nessuno sapeva se sarebbe sopravvvissuto qualcosa. "Avremmo potuto mandare batteri noti come 'estremofili' e saremmo stati sicuri della loro sopravvivenza. Ma in questo caso abbiamo usato una comunità di batteri per selezionare i sopravvissuti. Sono organismi comuni che vivono sulla costa di Beer nel devon, e possono sopravvivere nello spazio" dice Olsson-Francis.

tratto da: http://www.ditadifulmine.com/

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