Anche le pulsar si sporcano…

Ciò che è rimasto della supernova Cassiopea A dava non poco filo da torcere agli astronomi. Malgrado fosse sicuramente una stella di neutroni, non mostrava le caratteristiche tipiche delle pulsar, ossia il fascio di raggi X che le fa sembrare dei veri e propri fari cosmici. Adesso si è risolto il mistero.





La stella ultra-densa che sta al centro della famosa supernova Cassiopea A ha rappresentato un enigma fin dalla sua scoperta. A risolverlo ci ha pensato ancora una volta il fantastico Chandra X-ray Observatory della NASA. La stella di neutroni al suo centro era stata scoperta nel 1999, ma non mostrava assolutamente le tipiche pulsazioni nei raggi X e nel radio, che caratterizzano normalmente questi oggetti. Si era addirittura ipotizzato un corpo estremamente piccolo formato da una strana materia composta da quark.

Vale la pena richiamare brevemente cosa sono questi strani oggetti celesti, che rappresentano il passo precedente a quello dei ben più famosi buchi neri. A differenza di quasi tutto ciò che popola l’immenso Universo, le stelle di neutroni hanno dimensioni comparabili a ciò che conosciamo molto bene nella nostra vita quotidiana. Un oggetto di questo genere non supera normalmente la ventina di chilometri. L’enorme gravità dell’oggetto originario, al momento dell’esplosione in supernova, fa collassare la gigantesca stella, disintegrando la struttura atomica e compattando tra loro i nuclei, composti essenzialmente da neutroni. Da lì appunto il nome.

Per capire come questo sia possibile immaginiamo che il nucleo di un atomo sia una capocchia di spillo. In questa ipotesi, i primi elettroni si troverebbero a circa 200 metri. Quindi l’atomo è essenzialmente composto di vuoto, come tutta la materia comune. Ma se eliminassimo gli elettroni e facessimo venire a contatto i nuclei, avremmo una massa quasi inalterata (gli elettroni non hanno praticamente massa), ma le dimensioni diverrebbero estremamente piccole. Ciò è quello che succede, facendo ovvie semplificazioni. La gravità è mostruosa, circa 100 miliardi di volte quella presente sulla superficie terrestre. Durante questo processo di contrazione la velocità di rotazione del corpo celeste aumenta rapidamente fino a costringere la stella a ruotare in brevissimo tempo (molto spesso frazioni di secondo) ed a produrre fasci violentissimi di raggi X emessi dalla combinazione del campo magnetico e della rapidissima rotazione. Questi fasci sono proprio quelli che rendono estremamente caratteristiche le pulsar, che sembrano appunto “pulsare” ogni volta che il getto colpisce l’osservatore.
Se ora pensassimo alla possibile esistenza di una atmosfera attorno alla stella, creatasi dalla ricaduta sull’astro di parte del gas espulso nella supernova, questo involucro dovrebbe essere composto essenzialmente da idrogeno ed elio. In queste condizioni però il calore e la gravità innescherebbero reazioni chimiche in grado di trasformare velocemente questi elementi leggeri nel più complesso carbonio.
Ed ecco allora la scoperta: un sottile velo di carbonio potrebbe proprio formare un’atmosfera, non più spessa di qualche centimetro, ma estremamente densa perché compressa dalla terribile gravità superficiale. Le osservazioni di Chandra hanno proprio evidenziato questo sottilissimo, ma fondamentale, involucro scuro, in grado di bloccare e disperdere su tutta la superficie le emissioni X e radio. Niente effetto “faro” quindi, a causa di un “ridicolo” strato di carbonio.
Sembra quasi impossibile che si riescano a studiare cose così piccole in assoluto e soprattutto che queste possano influenzare pesantemente l’aspetto di un oggetto tra i più energetici dell’Universo. Eppure è così.
L’importanza di questa scoperta è enorme, perché cambia del tutto la visione evolutiva delle pulsar. Oltretutto Cassiopea A è recentissima (solo poche centinaia di anni) e rappresenta la più giovane osservabile.
Come tutti i bambini molto piccoli anch’essa si sporca facilmente….

tratto da: http://www.astronomia.com/

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